giovedì 7 ottobre 2010

L'infinito




Sempre caro mi fu quest'ermo colle,
E questa siepe, che da tanta parte
Dell'ultimo orizzonte il guardo esclude.
Ma sedendo e mirando, interminati
Spazi di là da quella, e sovrumani
Silenzi, e profondissima quiete
Io nel pensier mi fingo; ove per poco
Il cor non si spaura. E come il vento
Odo stormir tra queste piante, io quello
Infinito silenzio a questa voce
Vo comparando: e mi sovvien l'eterno,
E le morte stagioni, e la presente
E viva, e il suon di lei. Così tra questa
Immensità s'annega il pensier mio:
E il naufragar m'è dolce in questo mare.

Fra tutte quelle che conosco, L’infinito di Giacomo Leopardi è la poesia che più m’incanta, m’inebria, m’ipnotizza. Da piccolo – avrò avuto cinque o sei anni – ricordo che rimanevo sgomento al pensiero dell’infinito. Chissà, forse qualcuno mi aveva parlato dell’infinità dell’universo e io cercavo di immaginarlo, ma la cosa mi dava inquietudine. Ricordo in particolare che qualche sera, nel letto, in attesa di prendere sonno, mi tornava alla mente il pensiero dell'infinito, che mi affascinava e mi turbava. Allora lo cercavo e poi lo allontanavo, distraendone la mente. Forse Leopardi mi evoca quel periodo dell’infanzia.

Infinito. Nonostante il parere dominante della critica ufficiale, io credo che la ricerca dell’infinito di Leopardi sia una ricerca di Dio. Andarsene sull’ermo colle e guardare a perdita d’occhio, anche se c’è una siepe che gli impedisce lo sguardo d’insieme, cercare interminati spazi, sovrumani silenzi e profondissima quiete è un allontanarsi dalla realtà, dalla materia, dal finito, dal contingente. E’ cercare qualche cosa che non si riesce a catturare con i cinque sensi.

E allora Leopardi se ne va sull’ermo colle a contemplare e forse si può anche immaginare che sublimi il proprio pensiero fino all’estasi. Contemplazione ed estasi sono forme di preghiera superiore, quando termina la "ruminatio" (come la chiama santa Teresa d’Avila) e le parole lasciano lo spazio al silenzio. Alla contemplazione e all’estasi.

Io nella mia forma di preghiera sono ancora alla "ruminatio" di santa Teresa, ma mi basta affacciarmi al balcone per ritrovare quel senso d’infinito che cercava il Poeta. La vista a perdita d’occhio mi fa pensare che non ci sono ostacoli fra me e l’infinito, fra me e l’eterno. E la mattina presto, quando il sole ancora deve sorgere, ma già illumina una parte di cielo, penso che l’oggi è un altro giorno da vivere intensamente. Da vivere intensamente alla ricerca dell’infinito. Alla ricerca di Dio.

1 commento:

  1. la versione notturna dell'infinito ha tante piccole luci che illuminano l'incognita del buio dello sfondo con luci di speranza che mi accendono il cuore,infondono pace e cullano il sonno.(non mi riesce di inviare la foto, cercherò di fartela pervenire. E.

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