domenica 10 ottobre 2010

Io e la mia chitarra




Heike Matthiesen, una delle più grandi interpreti di chiarra, è tedesca di Francoforte. Ha cominciato all’età di quattro anni a suonare il pianoforte e a 18 anni si è convertita alla chitarra. Il pezzo che suona è "Recuerdos de la Alhambra" di Francisco Tàrrega, spagnolo (1852-1909), chitarrista, compositore e pianista. La tecnica con la quale viene suonato questo pezzo è il ‘tremolo’, che consiste nel suonare la stessa corda con anulare, medio e indice.

Heike, quando suona questo pezzo, ha gli occhi chiusi e non guarda le corde, anzi sembra che sia in trance, in uno ‘stato alterato della coscienza’, direbbe la mia amica Patrizia, psicologa e psicoterapeuta; lo si verifica bene al termine della sua interpretazione, quando impiega un po’ di tempo a riprendersi dalla trance prima di concedersi agli applausi del pubblico. Lo stesso pubblico lo capisce e attende che lei si riprenda prima di applaudire.

Suonare la chitarra è così. E’ uno strumento che si abbraccia e si diventa tutt’uno con lui. Diventa parte di te stesso. Con la chitarra tra le braccia si entra profondamente in se stesso e ci si confessa. Si guarda dentro la propria coscienza e ci si esplora. Le onde del bene sovrastano quelle del male e tutto sembra che diventi un sogno.

Anche a me accade questo quando prendo tra le braccia la mia chitarra. Chiudo gli occhi, vado in trance e canto. La chitarra per me è un indice di buonumore. Se la prendo per cantare, è segno che sono allegro, è come uno di quegli strumenti che sono sul cruscotto della macchina e ti danno la temperatura dell’acqua o la pressione dell’olio. La mia pressione è indicata dalla chitarra.

La prima me la comprò mamma a Napoli, dicendo a mio padre che me l’aveva comprata il nonno, per non farlo innervosire per i soldi spesi. L’ultima, la quinta, la comprai qualche anno fa a Verona. Ora ne possiedo due. Una è da mio fratello, una a casa di mia mamma e una l’ho regalata. Ora l’una, ora l’altra mi hanno accompagnato per tutta la vita e quando ho desiderato raccogliermi in me stesso, ho sempre preso la chitarra tra le braccia e ho suonato e cantato.

Ora accade di rado che mi prenda il desiderio di cantare, ma quando accade è sempre una emozione forte. Può succedere anche che per l’emozione mi sgorghino delle lacrime dagli occhi. Io e lei in quel momento siamo tutt’uno e io l’amo e lei mi ama. Io e la mia chitarra.

6 commenti:

  1. Mi ci è voluto un po' e si vede che sto invecchiando, però posso dire che mi aggrada ciò che scrivi.
    Andrea

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  2. e mi piace anche la chitarri, pardon..la chitarra

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  3. La musica parla al cuore di chi vuole ascoltarla.
    Tu e io, Giovanni, ci conoscemmo tramite uno scambio di e-mail, prima di incontrarci di persona, ricordi?
    Mi piace rammentare che mi inviasti il link alla pagine delle tue canzoni, sul tuo sito personale. Rimasi sorpresa, davvero un modo inconsueto per fare conoscenza, ma tu sei così, e ho imparato a conoscerti e ad ammirati anche per questo tuo essere imprevedibile. Ti presentasti così, con la magia delle tue canzoni napoletane, una tua poesia incastonata in Munasterio 'e Santa Chiara. Conobbi dunque la tua voce ascoltando le tue canzoni, solo in seguito ci parlammo.
    La musica parla al cuore, se vuoi ascoltarla.
    Patrizia

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  4. La musica, colonna sonora della nostra vita e poesia dell'anima. Quando poi sei tu generarla, allora diventa il sangue stesso che circola in tutto il tuo essere, anima e corpo.
    Io ho lasciato la mia chitarra a 22 anni, forse perché avevo capito che mai - per mia carenza -avrebbe saputo saziare il mio bisogno di musica. Ma quando ho la fortuna di ascoltare artisti come la Heike, allora mi annullo in quel suono e mi lascio trascinare lassù fra gli angeli del cielo.

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  5. mi fai ricordare con tanta nostalgia quando con nostra immensa gioia ci dicevano (un pò di annetti fa)"stasera si va da zia caterina perchè c'è giacinta" e come sempre si finiva la serata in allegria ,tu che suonavi la chitarra tuo fratello cantava e noi che facevano il coro ...stonato . che invidia...ho sempre voluto avere "l,intonazione giusta.

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  6. Zia Caterina e zio Vincenzo sono sempre stati un punto di riferimento per tutti noi. Ricordo i pranzi con tante persone a tavola e tante risate. Bei tempi!

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